martedì 12 luglio 2011

chi farà vincere questo napoli ?

Con parole e tempi diversi, i tre gioielli azzurri aprono ad un futuro lontano dal Vesuvio. Come puntare alle vittorie se i vecchi mattoncini si “sgretolano” ancor prima di mettere i nuovi?

6/7/2011

Sono i giocatori che fanno grande una squadra, o è la squadra che fa grandi i giocatori? Al di la della natura apparentemente “marzulliana”, la domanda non è scontata ed in molti potrebbero avere le idee confuse. Sono in pochi infatti quelli che non avrebbero avuto dubbi, e su tutti un certo Diego (di nome, non di cognome): i calciatori rendono una squadra forte, blasonata e soprattutto vincente. Non viceversa, almeno sul campo puro del risultato sportivo (perché il marketing e l’imprenditoria sono un discorso a parte). L’approdo costante di giocatori di valore, insieme alla permanenza di quelli importanti già “arruolati” negli anni, sono probabilmente le uniche due vere condizioni affinché una squadra possa davvero assicurarsi qualche trofeo da esporre nella propria bacheca. E tornando al nostro caro Pibe de Oro, lui si che comprese il vero significato della “vittoria”: nonostante fosse il più corteggiato talento del panorama calcistico mondiale, scelse Napoli e non altro. Una piazza sicuramente importante, dalle potenzialità incredibili ma ancora inespresse, dunque fino a quel momento ancora non vincente. Il primo anno fu sacrificio, sofferenza. Poi, a mano a mano, la crescita fu esponenziale. Altri calciatori di valore scelsero l’azzurro, sposando il progetto all’epoca targato Ferlaino, e nel giro di qualche anno arrivarono due scudetti e Coppa Uefa.Facile? In quegli anni forse si. Oggi le cose stanno diversamente, e se n’è accorto bene il povero presidente De Laurentiis di come siano cambiate in peggio. Se l’amore per la maglia è cosa ormai definibile “moderna” allo stesso modo in cui lo sarebbe oggi il “cinema muto” (facendo un paragone probabilmente caro al patron), la voglia di vincere quella no che non passa mai di moda. Ciò che è cambiato è come si vuole arrivare alle vittorie. Non più sposando un progetto, crescendo in parallelo con la squadra e con i compagni, ma trovando la strada più breve e, perché no, anche meno faticosa: quella di mettersi in vetrina. Meglio ancora se grossa ed importante come quella di Napoli, per attirare l’attenzione di qualche club che vive di petrolio, automobili o televisione (tanto per restare in Italia…), di sceicchi o di Paperon de Paparoni vari (spostandoci all’estero) ma soprattutto di quell’universale caratteristica sempre tanto attizzante che risponde al nome di blasone. E così ecco che se i desideri di tutti (o quasi) i protagonisti confluiscono nella medesima direzione, risulta facile che chi vince continui a vincere anche domani e chi arriva secondo continui ad arrivar secondo in secula seculorum. Non deve sorprendere allora se Lavezzi dichiari il suo sogno di giocare in una “big” dopo Napoli; che Hamsik esca allo scoperto promettendosi ad una squadra che possa fargli “vincere” qualcosa; o che Cavani nonostante si manifesti “disposto ad obbedire al presidente”, dichiari poi che in caso di un’offerta da parte del Real Madrid quantomeno “starebbe ad ascoltare”. E che non si scarichi il barile tra le braccia di De Laurentiis, lasciandosi persuadere dalla facile conclusione che sia la società a non voler alzare l’asticella più di tanto. Questa si chiama progettualità, mentre gli altri tre non si chiamano certo Diego...

Vincenzo Mugione

articolo tratto da http://www.pianetanapoli.it

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